Come ogni natale che si rispetti, una favola a tema, è sempre ben
accetta. Così ho deciso di raccontarvi questa piccola storia.
Quello che mi accingo a raccontarvi è ambientato in una
città magica chiamata "Bohnonsisà". Questa città non stava né in
cielo né in terra e solo esseri speciali del mondo magico potevano abitarvici.
In questo periodo dell’anno, la neve copriva dolcemente Bohnonsisà nascondendo
i buchi che tappezzavano le strade e l’incuria del governo locale. Le strade,
in genere, erano sempre tranquille. Tuttavia tra i vicoli innevati e poco
illuminati tra le urla di una signora che dice: “mi hanno rubato la borsa” e un
teppista che fa dei graffiti, si può udire un manipolo di persone che si
agitano a festa. Urla, schiamazzi e numerosi "Hip Hurrà" provengono
da un piccolo bar sulla via principale.
Il bar, chiamato Cthulhu ‘s, era gremito dalle più strane
creature: gnomi, nani, orchi e gente che si è fatta i soldi con i Multilevel
Marketing. Tutti lì ad affogare nell'alcool i pensieri di una intera settimana
di lavoro. In questo periodo, nel bar, si vedevano più spesso Elfi di Babbo
Natale. Si sa, nel periodo Natalizio, la produzione diventava più frenetica e
il bisogno di evadere si faceva più insistente.
Quella sera in particolare, Pottaskefill era in vena d’ingozzarsi di Latte
di Mamma Natale di bassa qualità, ubriacarsi al punto tale da diventare
molesto ed essere cacciato via dal bar.
Pottaskefill era un elfo tarchiato, molto stempiato con un naso a
patata. La sua faccia era costantemente corrugata come se fosse sempre
arrabbiato. Pottaskefill non era felice: odiava il suo lavoro che consisteva nell'applicare le pellicole protettive agli Iphone e, come se non
bastasse, sapeva che quel lavoro aveva le ore contate a causa di Amazon e dell’industrializzazione
robotica. La competizione era serratissima. “Almeno prima non erano così
tanti”, borbottava tra sé l’elfo. “Ora, invece non siamo altro che subappalti
di grandi ditte cinesi…dov'è finito il desiderio di rendere felici i bambini?”,
continuò oramai completamente brillo. Poi si voltò verso la creatura alla sua
sinistra e l’afferrò per la tunica:” PERCHÉ FACCIAMO FUORI I BAMBINI POVERI DEL
SUD DEL MONDO!?!”. La creatura, dotata di riccioluti capelli biondi, pelle di
porcellana e dagli occhi azzurrissimi, venne sbattuta a destra a sinistra.
L’aureola che portava in testa si scombinò fino a cadere per terra. “Ma che sei
matto?”, disse l’angelo. “No, sono ubriaco” rispose l’elfo. L’angelo si chinò a
raccogliere l’aureola, la strofinò sulla sua candida tunica e poi se la rimise
in testa cercando di farla stare diritta: “Lo sai che non ce la ridanno se la
rompo!”. “Scusami- rispose l’elfo- non è serata!”. L’espressione dell’angelo
passò dalla rabbia all'empatia e improvvisamente divenne ancora più
luminescente. “Oh mi dispiace, sei infelice?”. Pottaskefill emise
un suono gutturale (probabilmente un rutto) rispondendo in questo modo alla
domanda dell’angelo. “Io mi chiamo Geremiel!”, disse sorridendo l’angelo.
“Pottaskefill” rispose serrato.
Geremiel guardò il suo bicchiere di Coda di Renna e con il dito ne
accarezzava i bordi. Poi dopo un po’ aggiunse: “Comunque mi dispiace, capisco
che questo periodo non deve essere facile per te”. Il silenzio che si era
creato tra i due era un silenzio che fu rotto solo dall'angelo che aggiunse:”
Anche per me è un periodaccio…Si avvicina il compleanno del capo e ogni volta
lui va su di giri”. Geremiel bevve un sorso e le sue gote si fecero leggermente
più rosee tradendo un momento di poca lucidità. “Tutti sono più interessati
all'avvento del tuo padrone piuttosto che al compleanno del mio e, per questo,
lui diventa intrattabile. Pensa, l’anno scorso voleva come regalo un paio di
guanti con i buchi al centro”. L’elfo iniziò a partecipare alla
discussione chiedendo: “Ma scusa cosa c’è di strano?” e ottenne come risposta
un “Beh, voleva che fosse fatto appositamente: con i fori perfettamente
dimensionati con le sue stigmate e una specifica percentuale (a tre cifre
decimali) di cotone. Un incubo guarda”. Il solo ricordo metteva l’angelo in una
condizione di stress e pur di rilassarsi iniziò a massaggiarsi le tempie. “Deve
essere una bella rottura di palle!”. “Ad avercele le palle!” sospirò l’angelo.
Entrambi finirono la propria consumazione dopo di ché Pottaskefill decise di offrire
un altro giro per farsi perdonare. Inizialmente l’angelo non ne fu contento (si
sentiva a disagio) ma dopo vari tentativi cedette e bevve ancora dell'ottimo Coda di Renna. “Ai capi stronzi”, disse solennemente l’elfo.
“Ai capi sciocchini!” disse educato l’angelo. Avvicinarono i bicchieri e il
suono scaturito dal loro urto diede il via alla bevuta.
Come? Mi state chiedendo qual è la morale della storia? Non è
chiaro? Devo necessariamente spiegarvela? Vabbè:
Non importa che il tuo capo sia stronzo o frustrato, pensa che gli
angeli sono asessuati e non scopano.